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Salvatore Giunta.
"Slittamenti"


a cura di
Bruna Condoleo

 Presentazione di Bruna Condoleo

        Presentazione di Isabella de Stefano

Il rifiuto della figurazione, ormai usurata in una società che consuma e violenta l'immagine, rimane esigenza fondante del linguaggio di Salvatore Giunta, basato sull'articolazione dei ritmi e delle sequenze lineari nello spazio. Equilibri che s'infrangono, strutture che scivolano in basso, scompaginate da un'energia esterna, ma improvvisamente ricomposte in precari assetti volumetrici, stimolano nel fruitore inconsuete percezioni visive e mentali. Nella recente produzione di Giunta (2007/2010) esiste, a mio avviso, una vena ludica che si collega al concetto di gioco, in parte regolato da leggi precise, in parte lasciato al caso: come fossero castelli di carta che, sconvolti da un colpo di vento, crollano per l'inconsistenza degli equilibri, i piani di ferro acidato delle sue opere rivelano un'autonoma capacità di incontrarsi, scontrarsi e ricostituirsi con insospettabile leggerezza, quasi che la durezza della materia non possa interferire minimamente con il movimento delle forme. Da sperimentatore infaticabile delle potenzialità della materia, l'Artista utilizza carta lavorata a mano, sabbia, metalli, ma anche materiali poveri di scarto, come lamiere di ferro, appositamente arrugginite; l'opera finita scompagina la sua reale natura, assumendo consistenza ingannevole, esaltando la percezione cromatica, giocando con inediti dinamismi.
In Slittamenti egli rivisita con nuova forza concettuale tecniche e materiali esperiti negli anni '80: il motivo della sfera, già presente nelle sculture lignee degli ultimi anni '90, divenuto lemma ricorrente nella sua produzione, è sintesi delle esperienze precedenti, ma anche espressione di una rinnovata consapevolezza estetica. Nelle 4 sculture in ferro esposte in mostra, la sfera in ottone nichelato regge un crollo improvviso di materia incidentata dai segni del tempo: in caduta libera, i piani suggeriscono perdita di orientamento, mentre i volumi acquistano accenti di implicito pathos, suggerito dagli effetti cromatici del materiale e dalla stessa forma della sfera che non può rappresentare un elemento di stabilità. Le superfici, siano esse rugose, scabre o diversamente trattate, pur conservando la loro perentorietà barbarica si fanno modulare dalla luce, la captano, l'assorbono, la diffondono, riempiendosi di energia. L'utilizzo del ferro, mezzo antico e ancestrale, ma nel contempo materiale che è alla base della moderna società industriale, non nasce dall'attenzione dell'Artista verso un materiale usurato e corrotto, ma dal fascino di forza autentica che il ferro possiede. Tuttavia il metallo ha qui perso il carattere feticistico connesso con la materia bruta, conquistando il fine di plasticizzazione della forma che coinvolge lo spazio e ne è coinvolta. E' come se, imponendo all'immobilità del ferro, frutto del rifiuto industriale, la possibilità di accettare un qualsiasi dinamismo, si possa superare un limite pensato come invalicabile.
Priva di contenuti retorici, l'arte di Giunta riflette larvatamente i segni dell'esistenza: gli slittamenti delle forme alludono a stati d'indeterminatezza e di passaggio e si rivelano un pretesto per valicare il significato meramente razionale dell'opera. Come dopo un'esplosione, i volumi si dispongono in bilico sulle lucide sfere, aprendosi in contrapposizioni di piani, intersecandosi e scivolando paurosamente, ma infine, come avviene nelle contingenze della vita, essi ritrovano nuovi equilibri che, sfidando le leggi gravitazionali, oppongono al disastro finale una poetica della sospensione, che è anche metafora di inquieta concretezza e di lirica speranza.

Ho conosciuto Salvatore Giunta in occasione della sua personale “ Poetica del segno”, ospitata nella Galleria della Biblioteca Angelica dal 18 maggio al 5 giugno 2010. Creativo e abile nel coniugare con estrema raffinatezza la materia artistica con suggestioni letterarie e poetiche, Salvatore Giunta ha portato in Angelica la sua inesauribile creatività, mostrando di saper coniugare abilità tecnica - come dimostra la capacità con cui manipola e trasforma i suoi materiali - ed estremo, controllatissimo rigore compositivo, tipico di una vocazione architettonica, che si lascia facilmente conquistare da un genio artistico. In questa nuova personale, Salvatore Giunta controlla ancora una volta il suo spazio e lo manipola “per sottrazione”. Salvatore non aggiunge e non riempie, ma anzi elimina e sottrae, con una filosofia e una purezza quasi zen. Gli ambienti delle sue creazioni sono ampi, imbevuti di aria e di luce: le sue opere infatti si muovono nello spazio, lo attraversano senza invaderlo, lo racchiudono e al contempo lo escludono, lo dilatano e lo contraggono, in una continua, perenne metamorfosi. Sono opere che non possono essere racchiuse in uno spazio circoscritto, poichè interagiscono con l’esterno, suscettibili, in maniera imprevedibile, di un costante cambiamento, che le ricrea e le riformula ogni volta. Alle sue figure geometriche Giunta sottrae anche il peso e la forza di gravità: cosa sono se non presenze-assenze di un vuoto cosmico, dove si disperde il peso della materia e dove invece la forma si libera in tutta la sua forza? Slittamenti è il titolo della sua nuova mostra, anche se il termine compare fin dagli anni Novanta, quasi a sottolineare il ritorno di un amato leit motiv nella sua esperienza artistica. “Slittamenti” sono i piani che si intersecano nello spazio, muovendosi in un equilibrio instabile ed estremamente provvisorio, oppure sono le lamiere consumate e acidate che si appoggiano, quasi in una danza ritmica, sulle fluttuanti e sfuggenti sfere cromate; “slittamenti” sono anche le tavole, manipolate con la sabbia e con la carta, percorse, quasi ferite da un tondino di ferro, che solo all’apparenza sembra sostenere il quadro. Tutto si muove dietro l’apparente, illusorio immobilismo. Ed è proprio in questa continua tensione dinamica, alternata tra cadute e frenate, tra forme curve estremamente morbide e linee geometriche così essenziali e lineari, che si gioca l’ambiguo, affascinante gioco di Salvatore Giunta. Emerge nella sua opera una tensione di forze e movimenti opposti e contrari, la stessa tensione dialettica che emerge anche nel contrasto tra la morbidezza della carta o della sabbia bianca della Sardegna e la barriera impenetrabile del vetro, del ferro o dell’alluminio, quasi a sottolineare che l’unità della sua opera risiede proprio nella capacità di coniugare, in una convivenza certamente non forzata, la varietà degli opposti.



Salvatore Giunta.  "Slittamenti"
Galleria Le Opere,
17 febbraio - 26 febbraio 2011
via di Monte Giordano 27, 00186 Roma
info@gallerialeopere.it

Salvatore Giunta: artsgiunta@libero.it
Le opere



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